Dalla "Torre", l'isolotto di fronte la piazzetta di Sant'Angelo, proseguendo per la costa frastagliata di Serrara Fontana fino alla Sgarrupata di Barano, senza naturalmente dimenticare il Fungo di Lacco Ameno e il cratere di Fondo D'Oglio nel bosco della Maddalena, l'isola d'Ischia ben si presta a un'escursione vulcanologica. Non c'è, infatti, centimetro quadrato dei circa 46 chilometri della sua superficie che in qualche modo non racconti la storia geologica dell'isola più grande del Golfo di Napoli.
C'è però un tratto distintivo, da qualcuno definito in maniera assai efficace la "pietra preziosa" dell'isola, che chiarisce meglio di qualsiasi altra prova la storia evolutiva di Ischia: stiamo parlando del tufo verde del Monte Epomeo.
Per spiegare origine e particolarità del tufo ischitano conviene affidarsi alle parole della dottoressa Mariarosaria Mazzacane autrice del capitolo "Il Monte Epomeo e la sua preziosa pietra: il tufo verde" del volume "Ischia, patrimonio dell'umanità, Natura e cultura" (a cura di Ugo Leone, Pietro Greco Doppiavoce edizioni, 2014).
Scrive la Mazzacane:
"La sua origine (del tufo verde) si fa risalire tra i 55.000 e i 33.000 anni fa ed è responsabile della formazione di una caldera che probabilmente occupava la parte centrale dell'isola. Quest'ultima, infatti, a quel tempo fu soggetta a un susseguirsi di impetuose eruzioni di tipo esplosivo, dalle quali derivarono le 'nubi ardenti', sospensioni di brandelli di lava, ceneri, pomici ed emissioni gassose caldissime, unite a carichi di detriti solidi, che andarono a ricoprire una vasta area del territorio e che, una volta saldatosi tra loro, costituirono uno spesso strato ignimbritico.
Inoltre tali nubi ardenti colmarono in parte la depressione calderica, che fu successivamente invasa dal mare, in parte ricoprirono le zone allora emerse.
A contatto con l'acqua sottomarina la nube, anche nota come flusso piroclastico, diede origine al tufo verde, la cui colorazione si attribuisce al lungo contatto con l'acqua di mare".
Bisogna perciò convenire che la doppia anima, di terra e di mare, dell'isola d'Ischia non è un espediente retorico ad uso e consumo turistico. Il rapporto - abbiamo visto - è simbiotico, perché trae origine da quel fenomeno naturale noto alla letteratura specialistica come teoria dell'horst vulcanico-tettonico cui la comunità scientifica ricorre ormai da anni per spiegare da dove "salta fuori" il Monte Epomeo, da molti confuso alla stregua di Vesuvio ed Etna che sono invece edifici vulcanici in senso classico.
Altrettanto simbiotico il rapporto dell'uomo con l'ambiente circostante. In questo senso il tufo verde, assai presente nel versante sud-occidentale dell'isola d'Ischia, nei comuni di Serrara Fontana e Forio, ha di molto agevolato il compito agli abitanti di questo lato dell'isola, fornendo loro le pietre per costruire le "parracine" (i caratteristici muri a secco a delimitazione delle proprietà), quando non addirittura la possibilità di ricavare cantine e abitazioni dai mega blocchi di tufo verde che dai Frassitelli (bosco di acacie di Serrara Fontana) corrono giù fino a valle nella piana di Montecorvo (nel comune di Forio). Per non parlare del giusto apporto di potassio a sostegno delle coltivazioni, in primis la viticoltura, per secoli principale fonte di sostentamento delle genti dell'isola.
Anche il Fungo di Lacco Ameno è un blocco di tufo verde, mentre per le differenze con altri tratti di costa dell'isola si può guardare alle alte falesie di Sant'Angelo o alle rocce attorno alla baia della Sgarrupata nel comune di Barano.
Insomma, per ammirare la "pietra preziosa" dell'isola d'Ischia, non resta che indossare le scarpe e l'abbigliamento adatti e guadagnare la vetta del Monte Epomeo, dove c'è la chiesa rupestre di San Nicola, manco a farlo a posta interamente scavata nel soffice tufo. I modi e i sentieri per arrivare fin su la cima del gigante buono dell'isola non mancano di certo, perché le escursioni a Ischia non finiscono mai!
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